Qual è la parte migliore della musica?
di Riccardo Ballati
È così che la mia amica Silvia mi invita con semplicità (e un po’ di malizia) a dare sviluppo a un quesito intrigante e impegnativo, ma anche vago e un po’ misterioso, sapendo di stimolarmi a entrare in un territorio in cui domina tutta la fatale soggettività nel dover dare una qualche forma ad un materiale difficilmente sagomabile con parole.
Fra i tanti incommensurabili modi e pregi di esplorare l’universo musica, io propongo sempre a me stesso, come dato essenziale di base, la constatazione primaria e fondamentale della contaminazione emotiva. Alcuni piccoli esempi: Isaac Albeniz, titola il libro 1 della meravigliosa suite per pianoforte Iberia con il termine “Evocacion”. Ascoltare il brano e associarlo all’emozione che induce in chi ascolta è un lampo. Il passato, il presente e il futuro si spalancano davanti in uno scenario composito di reminiscenze, nostalgie, propositi e tenerezze indicibili. Evocare la positività di pensieri e riflessioni nobili diviene un meraviglioso strumento di crescita personale e un nutrimento vitale. Tutta la composizione, ispirata dalla autentica adorazione per la madre patria, la Spagna, sviluppa questa ineffabile caratteristica evocativa. Il libro 2 della suite specialmente in “Rondena” e “Almeria” conferma tutto, apre ancor più facilmente al concetto di “parte migliore della musica” perché in un bellissimo passaggio intermedio del tema specialmente in “Rondena”, la musica di prima si sospende e fluttua nell’aria senza peso con variazioni che dolcemente riportano al punto originale in un’atmosfera che è poco definire onirica.
Altro esempio di suggestione emotiva: Manuel De Falla; El Amor Brujo. La musica ricchissima di colori, di ritmi, di intrecci esplosivi della danza, si sospende nella “Pantomima”, brano disteso, pastorale, sorprendente, bellissimo, autentica forma tangibile dell’amore e della passione.
Ancora, Fantasia Sinfonica da “Die Frau Ohne Shatten”, Richard Strauss. È tutto uno scintillare di acrobazie strumentali perfettamente riconoscibili e mirabili tipiche dello straordinario compositore tedesco. A un certo punto, dopo un intreccio verde e oro in ascesa, lucente, la musica si sospende, ancora e un trombone, prima solitario e poi, ripetendo il tema con l’orchestra, entra in scena liscio, autorevole, del tutto sorprendente ma anche straordinariamente logico e affascinante.
Frederick Delius. Anno 1888. Mentre Rimskij Korsakov compone Sheherazade, Eric Satie propone le Trois Gimnopedies e Brahms il Quintetto per archi n.1 op.88; mentre questo anno contribuisce ad avviare un processo senza precedenti di trasformazione del linguaggio musicale a cavallo di due secoli che è totalmente dirompente; Delius, sull’onda di una esperienza giovanile di vita in America, compone The Florida Suite, quattro brani con titolo (Daybreak, By the River, Sunset, At Night) che sono semplicemente un affresco evocativo di una indelebile suggestione. Musica da vivere d’un fiato, tutta cantabile, semplice, lineare ma profondamente nuova e piena di fascino.
Ho citato qualcuno delle migliaia di riferimenti che sono in grado di irrobustire uno sviluppo più facile del quesito. Emozione e evocazione appartengono alla stessa famiglia e sono uno dei tanti aspetti possibili per un atterraggio adeguato e convincente sul pianeta del sogno e dell’illusione.
Mentre scrivo queste umili note apprendo dell’addio di Maurizio Pollini alla sua vita di genio. Mi accorgo con facilità che ho mischiato tutta la mia vita con la sua appena più giovane, da Varsavia alle Sofferte Onde Serene e mi sono accorto di nuovo (come fosse sempre stato finora puntuale e quotidiano), di quanta bellezza un essere umano può essere portatore e di quanto mistero si può gioiosamente nutrire. La suggestione di questa circostanza, l’associazione di fitte immagini di vita scorrevoli come in un film, non è casuale, come non è mai casuale la successione e lo scorrere dei pensieri. La vita individuale è una pagina, uno spartito da scorrere da sinistra a destra o nel verso più idoneo in cui i fatti sono un continuo evolversi di oscillazioni espresse in un moto costante in forma di sinusoide che si esprime in picchi e curve ascendenti e discendenti proprio come si sviluppano gli stati dell’anima di fronte alla contemplazione, atto sublime di significato, di conoscenza e di consapevolezza. È in tale arcaica guisa che il nodo si annoda e si scioglie in uno spazio mai uguale come il meccanismo del tempo impone, immodificabile. È il gioco imperturbabile e combinato del battito del cuore e delle pulsazioni dell’intelletto che genera continuamente domande senza che nessuno risponda se non all’interno della logica dello specchio.
E torno alla domanda, di nuovo: Qual è la parte migliore della musica? Ovvero qual è il momento e il luogo in cui la posso sentire parte integrante e significativa di me?
Io sono Riccardo Ballati, classe 1940, padre di famiglia, nonno di famiglia, bisnonno di famiglia, vivo in campagna con l’aria buona e con il fardello del campo; ho fatto indegnamente il commercialista per un esagerato numero di anni con scarso costrutto ma senza troppi danni ai malcapitati clienti. Sono in attesa di una soluzione e dell’estasi di un paradiso sempre annunciato e promesso, di un paradiso finalmente fermo e di là da venire.
Però la musica…
Odiavo il solfeggio imposto da mia nonna Luisa che mi faceva sentire inutile e schiavo per cui da bambino libero ho imparato con certezza ma a fatica almeno dove il do sta sul pentagramma. Però in casa c’erano due radio a valvole, una Allocchio Bacchini e una Geloso, e dal profondo notturno della Puzta ungherese emergevano le note di Microkosmos di Bela Bartok e quelle mi piacevano davvero senza sapere perché e perchè ero e sono rimasto un bambino così. Poi mi è esploso tutto dentro e ancora sono qui con un esagerato bagaglio di emozioni musicali da scriverci cento enciclopedie ma con il peso di essere un presidente scarso.
Io amo la musica; quella abusata, quella nascosta negli armadi del tempo, quella che scopro all’improvviso e che mi sorprende, quella sontuosa, quella intima, quella intelligente ma anche quella scema dove ci vedo del buono. E poi adoro il Canto della Terra e il rumore dell’acqua e il fischio del treno che passa là sotto nella valle.
Eppure vorrei ancora una volta trovarmi alla stazione di partenza per una esplorazione in più.